La Corte Suprema di Cassazione in una sua recentissima sentenza ha stabilito che affinché possa dirsi configurato il reato di violenza sessuale ex art.609 bis C.P., non occorre necessariamente che la violenza si espliciti in un modo particolarmente veemente o in modo brutale ed aggressivo, potendosi la stessa manifestare anche come sopraffazione funzionale alla pretesa di un atto sessuale.
Nella fattispecie in esame i Giudici della Corte Suprema si sono trovati davanti al caso del marito che aveva stretto la testa della propria moglie – non consenziente - tra le mani, impendendole così di muoversi, per costringerla a subire un bacio sulle labbra.
Il marito nel caso di specie era pienamente consapevole del mancato consenso da parte della moglie e non si rassegnava alla fine del loro rapporto sentimentale, visto che quest’ultima già da tempo aveva comunicato l’intenzione di lasciarlo e di abbandonare il tetto coniugale.
Il ragionamento effettuato dai Giudici in sentenza si fonda quindi su l’analisi del contesto sociale e culturale in cui l'azione si è realizzata, andando oltre al gesto di valenza sessuale in sé considerato.
Anche sotto l’analisi dell'elemento soggettivo del reato, è emerso come l’uomo abbia avuto senza dubbio la volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della vittima non consenziente, mentre è irrilevante l'eventuale fine ulteriore di concupiscenza, ludico o d'umiliazione.
Il reato di violenza sessuale si configura anche nel compimento di atti sessuali repentini, compiuti improvvisamente all'insaputa della persona destinataria, così da poter prevenire anche la reazione o la manifestazione di dissenso da parte della vittima (come nel caso recente del tifoso accusato di aver palpeggiato il sedere della giornalista sportiva fuori dallo stadio).
Anche in questo caso non è necessario che l’atto di violenza sia diretto a soddisfare il piacere sessuale dell’agente, essendo sufficiente però che lo stesso sia consapevole della natura “oggettivamente” sessuale della condotta posta in essere. L’azione deve quindi essere idonea a soddisfare il piacere sessuale o quanto meno a suscitarne lo stimolo, a prescindere dallo scopo perseguito.
In riferimento alla vicenda del tifoso che ha palpeggiato in diretta televisiva i glutei della giornalista, il fine ludico non esclude la qualificazione giuridica della condotta in esame ai sensi dell’art.609 bis C.P.; l’uomo infatti è pienamente consapevole che il toccamento dei glutei di una donna rappresenta una condotta finalizzata al soddisfacimento di un istinto sessuale.