Sotto la denominazione di reati finanziari si ricomprendono una serie di fattispecie penali che vanno dai reati finanziari, ai reati tributari fino arrivare a quelli societari.
I reati finanziari quindi coinvolgono una serie di interessi che vanno da quelli patrimoniali delle singole persone, fino a ripercuotersi in alcuni casi sull’economia reale.
Gli elementi che contraddistinguono i reati finanziari sono: la loro difficoltà ad essere scoperti per la complessità delle condotte poste in essere e l’inconsapevolezza delle vittime che scoprono solo a cose fatte il danno patrimoniale che gli è stato arrecato.
Tra i reati finanziari quello che negli ultimi anni ha trovato una maggiore diffusione è sicuramente il reato di riciclaggio.
L’art.648 bis c.p. punisce colui che trasferisce somme di denaro (o altre utilità) provenienti da delitto, ovvero commette azioni tali da ostacolare l’identificazione delittuosa del denaro (o altre utilità).
Quest’articolo infatti viene inserito all’interno del Codice penale nel capo che prevede i reati contro il patrimonio mediante frode.
Affinché possa dirsi realizzato il reato di riciclaggio quindi è necessario che il denaro di cui si intende “far perdere le tracce” agli investigatori, provenga da altro delitto e sia quindi da considerarsi provento di illecito penale.
Di solito il reato di riciclaggio viene infatti contestato a soggetti che ottengono profitti illeciti compiendo altri reati (traffico di stupefacenti, truffa, bancarotta fraudolenta) ed hanno poi la necessità di “ripulire” il denaro sporco per farlo rientrare nel circuito bancario tradizionale, eliminando le tracce del reato presupposto.
Con la legge n. 186 del 15 dicembre 2014 venne introdotto dal Legislatore anche il reato di autoriciclaggio (art.648 ter) che si differenzia dal riciclaggio normale, in quanto in questo caso il soggetto imputato partecipa anche alla realizzazione del reato presupposto da cui derivano i denari (o le attività illecite) da riciclare.
Si è resa necessaria questa modifica del Codice penale in quanto era rimasta scoperta l’eventualità per la quale il soggetto riciclatore aveva in prima persona partecipato al traffico illecito o alla truffa.
L’art.216 del Regio decreto del 16/03/1942 n.267 prevede che commette reato l’imprenditore che:
- fallisce distraendo, occultando o dissipando i suoi beni in danno dei creditori;
- sottrae, distrugge o falsifica, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio.
Si colpisce in questo caso non tanto l’imprenditore che gestisce in maniera dissennata la propria impresa, ma colui che con dolo intende arricchirsi illecitamente in danno dei suoi creditori.
Il dolo a cui si fa riferimento nel reato di bancarotta fraudolenta è un dolo di pericolo a cui però è strettamente collegato un dolo di danno. Ciò che si è voluto tutelare con l’istituzione del reato di bancarotta fraudolenta è il pericolo che il fallimento di una società possa creare per la tenuta del sistema economico e la garanzia dei creditori di vedere soddisfatte le loro pretese economiche.
E’ evidente che se l’imprenditore deliberatamente, dopo aver contratto debiti con i suoi creditori, faccia “sparire” i beni e le garanzie economiche della sua società, questo si ripercuoterà sull’intero sistema economico in cui è inserita l’impresa, comportando a cascata danni economici su tutta la filiera.
La ricerca delle condotte dolo di depauperazione del patrimonio societario integranti la fattispecie di bancarotta fraudolenta può risultare più o meno ardua a seconda della loro lontananza o vicinanza temporale rispetto alla dichiarazione di fallimento, la quale cristallizza definitivamente la lesività dei fatti di bancarotta.
Infatti, se sussiste un breve lasso temporale tra le condotte che diminuiscono la garanzia dei creditori e la dichiarazione di fallimento ovvero se le condotte distrattive presentano caratteristiche oggettive di fraudolenza, appare evidente la natura concretamente depauperativa delle condotte.
Il reato sicuramente più conosciuto tra quelli finanziari e patrimoniali è il reato di truffa.
L’art.640 c.p. punisce la condotta di colui che mediante artifizi e raggiri induce taluno in errore procurandosi in questo modo un illecito profitto ed allo stesso tempo un danno nella persona offesa.
Anche in questo caso ci troviamo innanzi ad un reato che mette in pericolo lo stato patrimoniale del cittadino che ignaro del raggiro che sta subendo, si trova ad essere depauperato del suo patrimonio personale.
Affinché possa dirsi configurato il reato di truffa è comunque necessario che si verifichino tutte e 4 le condizioni presupposte contemporaneamente: 1) induzione in errore; 2) mediante artifizi o raggiri; 3) un ingiusto profitto; 4) altrui danno; qualora venga a mancare una delle seguenti condizioni non può dirsi correttamente configurato il reato di truffa.
Per poter procedere nel caso di truffa è necessario presentare una querela all’autorità giudiziaria nel termine di 90 giorni dal momento in cui si è realizzata la truffa o da quando se ne è venuti a conoscenza.