L’associazione di stampo mafioso come il COVID! Da lungo tempo, dell’art.110 C.P. è diminuita l’utilizzazione perché ormai è diventata “quasi un’istituzione” che quando tre o più persone commettono un reato viene per loro ipotizzato un reato associativo. Questa aberrazione, per il vero, è molto più diffusa in alcune Regioni meridionali, ancorché l’utilizzo è riservato anche […]
Con la legge n.66/1996 il Legislatore decise di modificare la rubrica dei reati di violenza e reati sessuali che fino a quel momento erano inseriti tra i reati contro la moralità pubblica e il buon costume.
Questa modifica si rese necessaria per offrire maggiore tutela alle vittime di violenza sessuale. Di fatti prima dell’entrata in vigore della legge n.66/1966 i reati ed i crimini commessi nei confronti delle donne spesso finivano per rimanere impuniti senza alcun colpevole.
Si è messo in questo modo, al centro del progetto di legge, la persona e non più la violazione di supposte norme di buon costume che erano state stabilite a tutela della moralità pubblica.
La particolarità dei reati di violenza e dei reati sessuali è rappresentata dalla procedibilità in ambito penale, che tranne alcune eccezioni, prevede necessariamente la querela, questo proprio per tutelare la libertà della vittima di voler perseguire certi reati, visto che si tocca la sfera più intima di una persona, quella sessuale.
Trattandosi di reati di una certa gravità che creano un allarme sociale nella comunità, pur avendo il Legislatore previsto la procedibilità a querela di parte, è stato anche stabilito che una volta presentata la querela non può più essere rimessa ed il procedimento penale, una volta iniziato deve essere portato a conclusione.