Sì ai colloqui “intimi” in carcere: la sentenza n.10 del 2024 della Corte costituzionale, ammette di fatto i colloqui “intimi” a favore del detenuto con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia.
A seguito del reclamo presentato da un detenuto avverso il diniego oppostogli dalla direzione carceraria circa lo svolgimento di colloqui intimi e riservati con la compagna e la figlia in tenera età, il magistrato di sorveglianza del luogo ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 13, commi 1 e 4, 27, comma 3, 29, 30, 31, 32 e 117, comma 1, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 3 e 8 CEDU, questioni di legittimità costituzionale dell'art.18 ord. penit. “nella parte in cui non prevede che alla persona detenuta sia consentito, quando non ostino ragioni di sicurezza, di svolgere colloqui intimi, anche a carattere sessuale, con la persona convivente non detenuta, senza che sia imposto il controllo a vista da parte del personale di custodia”.
In Diritto
La Corte Costituzionale ha voluto precisare il valore e la portata dell'affettività.
La tutela delle relazioni affettive della persona nelle formazioni sociali in cui esse si esprimono comporta che “lo stato di detenzione può incidere sui termini e sulle modalità di esercizio di questa libertà, ma non può annullarla in radice”.
La questione dell'affettività intramuraria concerne dunque l'individuazione del limite concreto entro il quale lo stato detentivo è in grado di giustificare una compressione della libertà di esprimere affetto, anche nella dimensione intima; limite oltre il quale il sacrificio della libertà stessa si rivela costituzionalmente ingiustificabile, risolvendosi in una lesione della dignità della persona.
La Corte ha anche previsto delle situazioni particolari, in cui il diritto ai “colloqui intimi” possa essere precluso. Va infatti tenuto in considerazione il comportamento del detenuto in carcere: lo svolgimento del colloquio intimo può quindi essere precluso, non solo quando sussistano ragioni di sicurezza, ma anche quando esistano esigenze di mantenimento dell'ordine e della disciplina, ovvero anche, quando sussistano motivi di carattere giudiziario.
In tal modo la Corte ha stabilito che tale beneficio operi pure in occasione di regimi detentivi speciali: non riguarda, pertanto, coloro che sono sottoposti al regime di 41-bis ord. penit., né i detenuti sottoposti alla sorveglianza particolare di cui all'art.14-bis ord. penit..