Tra le fattispecie di reato contenute nel titolo II del Codice penale vi sono una serie di reati che vedono coinvolti i pubblici ufficiali.
Si tratta di reati che sanzionano la mala gestio nell’ambito della pubblica amministrazione e vi sono ricomprese una serie di condotte che vanno dalla corruzione, al peculato, alla concussione.
Ciò che contraddistingue tutte queste fattispecie di reato è la partecipazione attiva del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, il quale invece di perseguire gli interessi dello Stato e dell’amministrazione pubblica cede ai propri interessi privati, accettando denaro o la promessa di una illecita dazione di denaro per favorire od avvantaggiare il privato a scapito della cittadinanza.
L’interesse che il Legislatore ha voluto tutelare con l’istituzione di questi reati è proprio quello del corretto funzionamento della cosa pubblica.
L’art.319 c.p. punisce il pubblico ufficiale che commette un atto contrario ai doveri del proprio ufficio (od omette di compiere un atto del proprio ufficio) ricevendo in cambio del denaro o la promessa di un pagamento. È importante sottolineare come non sia necessario il pagamento illecito, ma per integrare il reato è sufficiente anche solo promettere al pubblico ufficiale infedele il pagamento di una somma di denaro.
Negli anni si sono succedute una serie di leggi che hanno inasprito le pene previste per la corruzione portandole con l’ultima riforma introdotta dalla legge n.69 del 27 maggio 2015 (meglio conosciuta come “spazzacorrotti”) fino ad un massimo di 10 anni di reclusione.
L’art.321 c.p. prevede che le pene stabilite per i corrotti siano da applicarsi anche nei confronti dei corruttori che quindi rispondono in concorso con i primi del reato di corruzione.
La “spazzacorrotti” ha introdotto anche un’altra modifica sostanziale inserendo il delitto di corruzione all’interno dell’art.4 bis ord. penit. ove sono previsti tutti i reati per i quali vige il divieto di sospensione dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione e quindi l’impossibilità di chiedere misure alternative alla carcerazione come l’affidamento in prova al servizio sociale.
Quando invece il pubblico ufficiale viene remunerato dal cittadino per commettere un atto specifico della sua funzione e quindi riceve denaro o altre utilità o ne accetta la promessa per esercitare la propria funzione commette sempre il reato di corruzione (impropria) ma con delle conseguenze per l’amministrazione pubblica sicuramente meno gravi e per questo le pene previste dall’art.318 c.p. sono meno elevate rispetto a quanto previsto dall’art.319 c.p..
L’art.314 c.p. punisce il pubblico ufficiale (o l’incaricato di pubblico servizio) che avendo per ragioni inerenti la sua funzione la disponibilità di denaro o altra cosa mobile altrui se ne appropria impossessandosene senza motivo.
Anche in questo caso lo scopo della norma è tutelare l’amministrazione della cosa pubblica, impedendo un danno erariale per la collettività.
Con il reato previsto dall’art.317 c.p. si è posto l’accento sul potere che può indebitamente esercitare il pubblico ufficiale sulla collettività. La condotta che viene punita è quella che viene definita “metus pubblicae potestatis” ovvero il timore che si ingenera nel cittadino quando il pubblico ufficiale abusando del suo ruolo costringe taluno a promettere o consegnare denaro od altre utilità.
A differenza di quello che accade con il reato di corruzione, con il quale viene punito l’accordo illecito tra il corrotto ed il corruttore, nel caso della concussione invece il privato cittadino è vittima del pubblico ufficiale, che ingenera un timore nel soggetto tale da indurlo a consegnare del denaro per evitare ulteriori conseguenze nefaste.
L’art.323 c.p. è una norma generale rispetto a quelle previste negli articoli precedenti, in quanto delinea una fattispecie di reato che non sia già integrata dagli art.314 – 317 – 318 – 319 c.p.
Di fatti il Codice stabilisce che possa essere punito per abuso d’ufficio il pubblico ufficiale che non abbia commesso reati più gravi (quali la corruzione, il peculato o la concussione) e violando specifiche regole di condotta previste da leggi o atti aventi forza di leggi, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto, procuri a sé stesso od a un terzo soggetto un ingiusto vantaggio patrimoniale, ovvero arrecando un danno ingiusto.
Come si può notare in questo caso il Legislatore ha voluto ricomprendere tutte quelle condotte illecite che non sono previste nelle fattispecie di reato delineate precedentemente, ma che rappresentano sempre un’anomalia nelle gestione della cosa pubblica.