I reati contro la persona sono ricompresi nel titolo XII del Codice penale nel quale sono ricomprese tutta una serie di delitti che vanno da quelli contro la vita e l’incolumità individuale, a quelli contro l’onore, per finire con quelli che attentano alla libertà individuale.
Con queste fattispecie il Legislatore ha voluto tutelare l’integrità morale e fisica dell’individuo e la sua libertà di autodeterminarsi. Negli ultimi anni si è assistito ad un proliferare di reati di questa specie: vi sono stati numerosi casi di lancio di acido con la finalità di sfigurare il viso dei poveri malcapitati, provocando lesioni che risultavano poi permanenti; oppure sono numerosi i casi riscontrati in questi anni, di guida in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, che hanno comportato nelle ipotesi più tragiche, anche la morte delle vittime degli incidenti stradali.
Tra i reati contro la persona una grande importanza la riveste
il delitto di lesioni personali, che possono essere sia dolose che colpose.
La condotta che viene punita è quella del soggetto che si rende responsabile (per colpa o per dolo) di aver cagionato una malattia od una lesione che può essere grave o gravissima ad un altro soggetto.
Le lesioni sono gravi se da queste deriva una malattia che mette che mette in pericolo la vita della persona offesa, l’indebolimento permanente di un senso o di un organo. La lesione è invece gravissima se la malattia è insanabile e comporta la perdita di un senso o di un organo o la mutilazione o la perdita di un arto, ovvero la deformazione o lo sfregio permanente del viso.
Con la legge n.41 del 23 marzo 2016 è stata introdotta nel nostro Codice penale la figura dell’omicidio stradale art.589 bis c.p., che ha inasprito le pene rendendo questa fattispecie di reato autonoma rispetto all’omicidio colposo (art.589 c.p.) che veniva applicato in precedenza.
Si è resa necessaria questa riforma visto il proliferarsi i casi di persone che si mettevano alla guida o in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, provocando così la morte delle vittime di incidenti stradali. Si è pensato così di porre un freno a questo tipo di condotte. Oggi le pene previste per questo tipo di reato vanno da un minimo di otto anni fino ad un massimo di dodici anni di reclusione (precedentemente la pena massima prevista per l’omicidio colposo era di 5 anni).
Le pene sono aumentate se colui che si pone alla guida è sprovvisto di patente di guida oppure si mette alla guida con la patente sospesa o revocata. La pena è altresì aumentata da un terzo a due terzi se il conducente dopo l’incidente si dà alla fuga (omissione di soccorso).
Questo delitto è inserito nel Capo II tra i delitti contro l’onore ma fa sempre parte dei reati contro la persona.
Con il reato di diffamazione art.595 c.p. si punisce la condotta di colui che offende l’altrui reputazione comunicando con più persone.
Anche questa fattispecie di reato è molto comune ed ha varie modalità con cui può essere commessa. La forma di diffamazione più conosciuta è sicuramente quella effettuata con scritti, lettere o articoli di giornale (diffamazione mezzo stampa). In questi casi le offese vengono portate a conoscenza del pubblico tramite la scrittura.
Negli ultimi anni si sono succedute le denunce di diffamazione commesse per il tramite dei più noti social network (Facebook, Twitter, ecc.). La Giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione infatti ha stabilito, che con l’utilizzo dei social network si può raggiungere un pubblico molto vasto e quindi portare a conoscenza di numerose persone le offese dirette ad un determinato soggetto.
Anche nell’ambito dei condomini è invalso l’uso di inviare comunicazioni diffamatorie (anche tramite email) sui comportamenti di condomini, condotta che in alcuni casi può configurare il reato di diffamazione.
Uno dei reati più allarmanti per la società è sicuramente il delitto di violenza sessuale art.609 bis c.p..
Nel caso di violenza sessuale viene lesa la libertà individuale della persona di potersi autodeterminare e scegliere liberamente se consumare o meno un rapporto sessuale.
Affinché possa dirsi realizzato il reato di violenza sessuale, non è necessario che la costrizione si estrinsechi con la violenza fisica, ma è sufficiente anche solo la minaccia o la sottomissione psicologica della vittima, che viene così indotta a subire degli atti sessuali contro la propria volontà.
La procedibilità per il reato di violenza sessuale è a querela di parte, ma rispetto ad i normali termini per proporre querela, in questo caso la persona offesa può sporgere denuncia entro dodici mesi dalla commissione del fatto Il Legislatore ha deciso di allungare il termine ordinario per proporre querela nel caso di violenza sessuale, proprio in considerazione della delicatezza dell’argomento e della necessità che la vittima possa avere bisogno di più tempo per decidere se rivolgersi all’autorità giudiziaria e perseguire il suo violentatore; una volta presentata la querela però questa non può più essere ritirata come invece accade normalmente ed il procedimento continua d’ufficio.
L’art.609 quater c.p. disciplina il reato di violenza sessuale perpetrata nei confronti di persona minore degli anni quattordici.
Vengono puniti quindi in questo caso tutte le persone che compiono atti sessuali con un minorenne degli anni quattordici, che è l’età stabilita dal nostro ordinamento giuridico per determinare quando nel soggetto si determini una volontà cosciente di voler compiere degli atti sessuali in modo consapevole.
Quindi nel caso di specie, qualora si intrattenga un rapporto sessuale con una persona infra-quattordicenne anche consenziente, si commette comunque il delitto di cui all’art.609 quater c.p..
Anche questo delitto è stato introdotto nel nostro Codice penale non molto tempo fa, dopo che si è assistito ad un proliferare di comportamenti pericolosi che venivano perpetrati nei confronti di persone che subivano delle vere e proprie persecuzioni poste in essere da soggetti che nutrivano una vera e propria ossessione per le loro vittime.
Il reato infatti è quello di atti persecutori e punisce letteralmente le condotte reiterate di colui che con minacce o molestie procura un perdurante stato d’ansia o di paura (anche per la propria incolumità fisica) alla vittima.
È necessario quindi, affinché possa dirsi configurato il delitto in questione, che vi siano una serie di atti persecutori posti in essere a distanza di tempo ragionevole: non vi può essere stalking se le minacce o le molestie si riducano ad uno o due episodi circostanziati nel tempo.
Una delle circostanze che devono realizzarsi perché possa parlarsi di stalking infatti è il cambio delle abitudini di vita da parte della vittima, che a causa della paura ingenerata delle continue molestie perpetrate nei propri confronti, è poi costretta a mutare il proprio stile di vita.