Il ricorso per Cassazione si propone avverso la sentenza d’appello emessa nel giudizio di secondo grado.
L’ordinamento giuridico infatti prevede 3 gradi di giudizio: due di merito e uno, il ricorso per Cassazione, prettamente di diritto.
Ma cosa distingue quindi il procedimento in Cassazione dagli altri gradi di giudizio?
Se nel processo di primo grado e nel procedimento d’appello si discute del merito e quindi si affrontano argomenti che attengono direttamente allo svolgimento dei fatti che hanno portato all’imputazione, nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione si affrontano solamente questioni che attengono al diritto in senso stretto e quindi il rispetto delle norme penali e processuali da parte dei giudici dei gradi precedenti.
Si usa dire quindi che nel giudizio di Cassazione non si parla più di come si svolti i fatti, ma solamente delle violazioni in cui sono incorsi i giudici d’appello.
Le argomentazioni da svolgere nel ricorso in Cassazione quindi sono limitate e non possono estendersi alla condotta posta in essere dall’imputato all’epoca dei fatti.
Per questo il ricorso in Cassazione è un elaborato molto tecnico e che affronta questioni squisitamente giuridiche.
L’art.606 C.P.P. stabilisce in maniera dettagliata quali sono i casi in cui si può ricorrere in Cassazione.
Le cause principali per ricorrere in Cassazione sono le violazioni di legge, o l’errata applicazione da parte dei giudici di merito della legge penale.
Vi è poi la possibilità di impugnare la sentenza d’appello, qualora la stessa si assolutamente illogica nella sua motivazione, oppure quando la Corte non abbia risposto precisamente alle censure mosse dalla difesa nei suoi motivi di impugnazione, alla sentenza di primo grado.
Proprio per la difficoltà nella redazione del ricorso e degli argomenti da affrontare, la difesa innanzi alla Corte di Cassazione è possibile solo con l’ausilio di avvocati che sono abilitati a difendere innanzi alle giurisdizioni superiori ed iscritti in un apposito albo.