Occultamento dello stupefacente: favoreggiamento o detenzione?

20 Dicembre 2021

La Corte Suprema di Cassazione si è pronunciata ultimamente sull’argomento dell’occultamento della sostanza stupefacente chiarendo quando la condotta possa configurarsi come favoreggiamento o pure detenzione ai sensi dell’art.73 D.P.R. 309/90.

Si fa riferimento al momento in cui le forze dell’ordine entrano in un appartamento alla ricerca della droga e trovano la resistenza di chi si trova all’interno volta a ritardare od ostacolare l’ingresso dei militari all’interno dell’abitazione, che potrebbe configurare quindi un concorso nel reato di detenzione dello stupefacente.

L’argomento che è stato affrontato dalla Corte Suprema riguarda quel lasso temporale che intercorre tra il momento in cui si perfeziona la condotta illecita ed il momento in cui si consuma il reato che coincide con l’istante in cui si interrompe la condotta detentiva dello stupefacente.

Tra i due momenti si inserisce quel periodo più o meno lungo in cui si cristallizza il pericolo che la droga detenuta possa essere messa sul mercato e quindi ceduta a terzi. È in questo momento che si pone la problematica relativa alla distinzione tra il concorso nella detenzione di stupefacenti e il favoreggiamento personale.

Attenzione viene posta sulla condotta di chi si disfa della droga o la occulta nel momento dell’irruzione delle forze dell’ordine all’interno dell’appartamento: l’art.378 C.P. punisce infatti la condotta di “chi fuori dall’ipotesi di concorso, aiuta taluno ad eludere le investigazioni”.

Per detenzione di sostanza stupefacente si intende la disponibilità immediata di accedervi a proprio piacimento senza limiti. Quindi perché si possa parlare di concorso nel reato è necessario verificare il collegamento funzionale tra il soggetto attenzionato ed il contesto “spaziale” in cui è detenuta la sostanza stupefacente.

La fattispecie che viene spesso in esame è quella della convivenza tra più persone all’interno di un appartamento in cui viene detenuta la droga.

La giurisprudenza in questo caso ha fatto distinzione tra connivenza non punibile nella quale il soggetto mantiene una condotta meramente passiva, rimanendo inerte e senza iniziativa, pur essendo a conoscenza della detenzione in quel luogo della sostanza, per cui non può parlarsi di concorso nel reato ai sensi dell’art.110 C.P. per il quale è necessario un contribuito causale, anche se in termini minimi, di facilitazione della condotta delittuosa: può definirsi un consapevole contributo.

Quindi la mera convivenza o presenza all’interno di un luogo ove viene rinvenuta la sostanza stupefacente, non vale di per sé a configurare il reato di concorso nel delitto di detenzione di sostanza stupefacente commesso dall’autore principale: non vi sono infatti obblighi in capo ai consociati di evitare l’illecito penale altrui o di denuncia.

Un caso controverso invece sussiste allorquando taluno si disfa, nell’interesse del detentore principale, della sostanza stupefacente: Tizio che getti per esempio dall’autovettura in movimento, l’involucro contenente la droga, non appena avvistata una pattuglia delle forze di polizia.

In questo caso vi è una partecipazione attiva ed un supporto fornito e finalizzato alla realizzazione della condotta principale e quindi la condotta sicuramente configura l’ipotesi di concorso nel reato ex art.110 C.P..

Il problema nasce nel momento in cui va individuata la condotta di colui che al di fuori delle ipotesi di concorso, si attivi in maniera fattiva affinché il soggetto principale porti a termine la condotta delittuosa di detenzione di stupefacente.

Il favoreggiamento nella fattispecie prevista dall’art.378 C.P. per quanto attiene ai reati permanenti si riferisce a qualsiasi agevolazione del colpevole prima che la condotta sia cessata, significando quanto meno L’espressione “fuori dei casi di concorso nel medesimo” contenuta nell’art. 378 C.P., ammette senza limitazioni la configurabilità del delitto di favoreggiamento nei reati permanenti, anche durante la fase intermedia collocabile tra il perfezionamento della fattispecie e la sua consumazione.

L’aiuto fornito durante la permanenza del reato può costituire, a seconda dei casi, concorso o favoreggiamento, in relazione allo scopo dell’agente, da valutarsi in concreto.

Occorre allora distinguere il caso in cui l’agente, che non abbia già adottato una condotta di agevolazione durante la permanenza del reato, si disfi della cosa ponendo termine quindi alla detenzione dello stupefacente, al fine di aiutare l’autore principale a sottrarsi alle investigazioni, dal caso in cui tale soggetto si limiti esclusivamente ad occultare la droga per consentire il pronto ripristino della situazione antecedente in favore del detentore principale, non appena cessati i controlli da parte delle forze dell’ordine.

Nel primo caso viene meno la possibilità di ripristinare il possesso della sostanza stupefacente da parte dell’autore principale e si può quindi rientrare nell’ipotesi prevista dal delitto di favoreggiamento.

Avv. Davide De Caprio
L’Avvocato Davide De Caprio è nato il 27 Febbraio 1974 si è laureato in Giurisprudenza all’Università “La Sapienza” di Roma nel 1998. E’ iscritto all’Ordine degli Avvocati di Roma ed esercita la professione forense dal 1999. Si specializza nell’ambito del Diritto Penale, con particolare attenzione ai reati finanziari, bancari e tributari (bancarotta, evasione fiscale, falso in bilancio, aggiotaggio, insider-trading). E' abilitato al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori; patrocinio che esercita abitualmente assistendo le parti nella predisposizione dei ricorsi e nelle discussioni innanzi alla Corte Suprema di Cassazione.

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