Per capire quando si prescrive un reato bisogna fare attenzione alla pena massima con cui è punito quel reato.
L’art.157 C.P. prevede che il reato si estingue per prescrizione una volta che è passato il tempo pari al massimo della pena edittale prevista dalla legge dalla data in cui è stato commesso il reato e comunque un tempo non inferiore a 6 anni per i delitti e 4 anni per le contravvenzioni, senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna.
Quando matura la prescrizione si estinguono gli effetti del reato, si può quindi dire che con la prescrizione è come se il reato non sia mai stato commesso.
Naturalmente perché possa maturare la prescrizione del reato è necessario che non vi siano atti interruttivi della stessa o periodi in cui il decorrere della prescrizione viene sospeso.
Il Legislatore ha previsto agli artt.159 e 160 C.P. quali sono gli atti interruttivi della prescrizione ed in quali casi invece la prescrizione viene sospesa dal giudice.
L’istituto della prescrizione è stato previsto a garanzia dell’imputato con l’unico scopo di non tenere sotto processo una persona per tutta la vita, il che comporterebbe un dispendio di forze e di risorse economiche da parte dell’amministrazione della giustizia e creerebbe anche delle situazioni paradossali e sostanzialmente ingiuste in campo all’imputato, che rischierebbe di scontare una pena a distanza di molti anni da quando ha commesso il reato.
In questo caso non avrebbe senso il valore di rieducazione che la pena deve avere nel nostro ordinamento.
Il 1 gennaio 2020 è però entrata in vigore la riforma della prescrizione voluta dall’attuale governo, che prevede come modifica sostanziale l’interruzione del termine di prescrizione del reato dopo la sentenza di primo grado, sia di assoluzione che di condanna.
La riforma della prescrizione avrà i suoi effetti solo per i reati commessi dopo il 1 gennaio 2020, nonostante non si conoscano quindi le conseguenze di tale riforma, già si prevedono i danni per l’intero sistema giudiziario che tale modifica apporterà.