Permessi premio ai mafiosi è possibile?
In questi giorni si è accesso il dibattito sulla possibilità di concedere anche agli ergastolani, condannati per reati di mafia, i permessi premio: anche a loro possono essere concessi permessi premio.
La Consulta infatti, ha dichiarato incostituzionale l’art.4 bis dell’ordinamento penitenziario, laddove non prevedeva la possibilità anche per i detenuti condannati per mafia, di poter beneficiare di permessi premio.
A seguito di queste decisione si sono susseguiti i commenti indignati di vari politici e giornalisti, che vedevano in questa decisione della Corte Costituzionale un attentato ai principi della nostra democrazia.
Ebbene ignorano forse costoro, che proprio l’art.27 della nostra Costituzione prevede che la pena miri alla rieducazione del condannato.
Senza dimenticare che anche la Corte Europea dei diritti dell’Uomo aveva dichiarato inumano il trattamento riservato in Italia ai detenuti condannati per mafia.
Negli ultimi anni si sono affannati politici ed intellettuali "giustizialisti" per difendere a loro opinione lo Stato di diritto, inveendo contro la decisione della Corte Costituzionale, affermando il concetto che chi ha sbagliato deve pagare e non può essere recuperato. Chi ha commesso "certi reati" è marchiato a fuoco e non ha più alcun diritto, deve marcire in carcere per il resto della sua vita.
È interessante su questo punto leggere l’articolo uscito lo scorso 26 ottobre 2019 sul Corriere della Sera, dove si racconta la storia di Filippo Rigano detenuto per mafia da 27 anni, che si è laureato all’università di Tor Vergata in Giurisprudenza, studiando all’interno del carcere di Rebibbia, proprio con una tesi sull’ergastolo ostativo.
Entrato in carcere che aveva solo la seconda elementare, ne uscirà da laureato in Giurisprudenza e da oggi con la decisione della Corte Costituzionale, potrà sperare di non morire in carcere.
Quando i padri costituzionalisti hanno creduto in una pena che sia rieducativa si erano ispirati a quei principi di illuminismo giuridico, che per primo Cesare Beccaria aveva illustrato nella sua opera "Dei delitti e delle pene" e che oggi Filippo Rigano incarna alla perfezione.