Madre prima assume stupefacenti e poi allatta il figlio: condannata per il reato di maltrattamenti ex art.572 C.P..
La sesta sezione penale della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n.43307 del 20/09/23 ha stabilito come vada punita la madre che fa vivere nella sporcizia il figlio appena nato e che, nonostante il consumo quotidiano di cocaina e cannabis, lo allatta comunque, facendogli assumere così le due sostanze stupefacenti.
Nello specifico, i Giudici hanno chiarito che i maltrattamenti sono stati realizzati dalla donna “costringendo il figlio a penose condizioni di vita, e, in particolare, a vivere in un appartamento, caratterizzato da pessime condizioni igienico sanitarie e in cui si consumavano, anche per inalazione, sostanze stupefacenti, cioè cocaina e cannabis, indirettamente assunte dal bambino in ragione dell'allattamento abitualmente praticato dalla madre dopo aver consumato quelle sostanze», sostanze da cui «era cronicamente dipendente”.
La difesa
Il legale che difendeva la donna aveva contestato l'abitualità dei contegni omissivi e commissivi (l'allattamento dopo aver assunto droghe), sostenendo come non fosse stata comprovata la non occasionalità della condotta.
Infine, l’avvocato aveva ritenuto non sufficiente il richiamo fatto dall'accusa al dolo eventuale della donna in merito alle conseguenze derivanti dalla scelta, malgrado la contestuale assunzione di stupefacenti, di allattare il bambino. Su questo punto il legale aveva lamentato la mancata verifica del grado di consapevolezza che la donna, considerato il relativo profilo culturale e lo stato di tossicodipendenza, potesse avere rispetto alla intenzione di mettere in atto effettive condotte vessatorie, smentite.
il Diritto
Per la Corte Suprema però era inequivocabile la situazione in fatto accertata dalle forze dell'ordine, sia in riferimento al contesto di degrado in cui la donna viveva col bambino, certificato, sia in riferimento alla dipendenza cronica della donna dalla droga e alla sua abitualità ad allattare il bambino subito dopo aver lei assunto sostanze stupefacenti.
Di conseguenza, non è in discussione la configurabilità del reato di maltrattamenti, a fronte della oggettiva idoneità della condotta, reiterata nel tempo, posta in essere dalla donna – costringendo il figlio a vivere in un contesto degradato –, ad influire sull'equilibrato sviluppo psicofisico del bambino.