Dopo 5 anni di processi è stata confutato il teorema accusatorio ideato dalla Procura di Roma, circa l’esistenza nella Capitale di una associazione mafiosa. Noi avvocati fin dal primo momento avevamo segnalato l’assurdità della contestazione di mafia, per quella che al massimo poteva considerarsi una semplice associazione dedita alla corruzione ed al malaffare, la Cassazione ha stabilito non è mafia quella di Carminati e Buzzi.
Già con il deposito degli atti d’indagine da parte degli inquirenti era emerso, come Buzzi e Carminati che si muovevano in quello che venne definito “il mondo di mezzo”, non utilizzarono metodi “mafiosi” per raggiungere i loro scopi. Non vi fu l’utilizzo della violenza e dell’intimidazione, che sono invece componenti necessarie affinché un’associazione possa dirsi di stampo mafioso. Del resto è emerso nel corso dell’indagine come corrotti e corruttori andassero a braccetto gli uni con gli altri, avendo interessi convergenti.
Sono invece da stigmatizzare le dichiarazioni rese dal sindaco di Roma Virginia Raggi, che ha commentato la decisione della Cassazione dichiarando “è stato scritto un capitolo buio per la nostra città”. Sono sempre più convinto del fatto che la politica debba rimanere al di fuori delle aule di giustizia.
Anche la richiesta del carcere da parte dei nostri politici, quale unico deterrente per combattere alcuni fenomeni tipici della nostra società come l’evasione fiscale, non sono la soluzione adeguata e servono solo ad alimentare la sete di giustizialismo, comprimendo sempre di più i diritti di difesa e di equità del processo penale.
Bisogna stare attenti all’abitudine ormai consolidata di parte della magistratura di spettacolarizzare le indagini, il rischio è quello di veder svolgere i processi sui giornali od ancor peggio in televisione.
Sono troppi i casi di fughe di notizie dalle procure d’Italia, con giornalisti che pubblicano brani interi di intercettazioni telefoniche e di atti processuale, addirittura prima che gli stessi possano essere consultati dalla difesa.