Il fallimento è un istituto giuridico di tale importanza, che il Legislatore ha addirittura ritenuto di approntare un nuovo Codice: il “Codice fallimentare”.
Il fallimento, contrariamente a quanto si possa pensare, è un Istituto approntato a difesa del fallito, affinché lo stesso venga protetto dall’”aggressione” dei creditori e metta al sicuro i suoi beni nelle mani del curatore, in modo da poter pagare i creditori ed introitare l’eventuale differenza.
Purtroppo questo è soltanto la teoria.
Nella pratica il fallimento viene dichiarato distrattamente in un tribunale affollato, affidandone gli esiti ad un curatore che a volte è un incapace o una persone che non possiede una adamantina onestà.
Per cui il più delle volte i beni vengono dispersi a prezzi ridicoli e non vi sono fondi a sufficienza per pagare i creditori. Dunque un evento che sorge i più delle volte solo per una crisi di liquidità, si rivela un’autentica tragedia per il fallito e per i creditori.
Se ciò non bastasse, poiché la contabilità delle imprese, soprattutto se piccole e medie, è tenuta in guisa solo fiscale ma non per il suo vero scopo, cioè per il controllo della salute finanziaria dell’azienda, accade che con il fallimento inizi l’azione penale di bancarotta, costituendo la dichiarazione del fallimento quale atto costitutivo del reato.
Molto spesso l’incompetenza degli inquirenti su accadimenti finanziari, comporta l’affidamento di consulenze e perizie molto spesso contrastanti tra di loro e accendono la confusione sulla corretta lettura della contabilità aziendale.
In buona sostanza, se i conti non tornano perfettamente (e molto spesso accade anche per aziende in buona salute), si iscrive a carico del fallito il reato di bancarotta fraudolenta previsto dall’art. 216 Cod. fall.
Tant’è che in Italia, il fallito diventa un termine “dispregiativo” con cui indicare una persona che non ha potuto ottemperare al suo programma aziendale.
E’ pur vero che talvolta abbia sottratto del potenziale alla sua azienda, ma molto spesso paga un’incriminazione di bancarotta fraudolenta, perché incapace di raggiungere un risultato positivo; imprevidente perché si è trovato in una crisi irreversibile di liquidità e come se non bastasse ha condotto la contabilità in modo incompleto ed insufficiente.
Ma queste colpe non bastano per addivenire ad una condanna ex art 216 L.Fall., infatti è alta la percentuale di assoluzioni tra il primo e secondo grado di giudizio, talvolta anche in Cassazione.
L’importante è che la persone, sicura di non aver sottratto nulla , ma profusa ogni energia al fine di salvare la propria azienda, appronti una seria difesa e provveda il suo difensore ad esplicare una valida consulenza commerciale sui conti aziendali.