Concorso in omicidio: analisi giuridica, profili applicativi e il caso Chiara Poggi
1. Premessa
L’omicidio volontario costituisce uno dei delitti più gravi previsti dal nostro ordinamento penale. Tuttavia, non sempre l’evento morte deriva dall’azione di un solo individuo: la partecipazione di più soggetti alla medesima condotta criminosa comporta l’applicazione delle norme sul concorso di persone nel reato, di cui all’articolo 110 del codice penale.
La combinazione tra gli articoli 110 e 575 c.p. delinea, pertanto, la figura del concorso in omicidio, ipotesi in cui più agenti contribuiscono causalmente alla commissione di un omicidio volontario.
2. Il fondamento normativo
L’art. 575 c.p. punisce chiunque cagiona la morte di un uomo con reclusione non inferiore a ventuno anni.
L’art. 110 c.p., invece, stabilisce che “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salvo che la legge disponga altrimenti”.
La norma sulla partecipazione criminosa è di carattere generale e sussidiario: si applica in tutte le ipotesi in cui l’azione criminosa non sia compiuta da un solo autore, ma da più soggetti che cooperano consapevolmente e volontariamente alla realizzazione dell’evento.

3. Gli elementi costitutivi del concorso in omicidio
Perché possa configurarsi il concorso di persone nel reato di omicidio, la giurisprudenza richiede la presenza congiunta di tre elementi:
- Pluralità di agenti: almeno due persone devono aver partecipato all’azione criminosa.
- Contributo causale di ciascun concorrente: ogni soggetto deve fornire un apporto oggettivamente rilevante, materiale o morale, alla realizzazione dell’evento morte.
- Dolo di concorso: è necessario che ciascun concorrente abbia consapevolezza e volontà di contribuire all’altrui condotta omicida.
Non è sufficiente, dunque, la mera presenza sul luogo del delitto: occorre un contributo causalmente e psicologicamente rilevante.
4. Forme di contributo nel concorso
Il contributo del concorrente può essere di due tipi:
- Concorso materiale: si manifesta attraverso atti diretti alla realizzazione dell’omicidio (ad esempio, chi spara, chi trattiene la vittima, chi fornisce l’arma o il mezzo di fuga).
- Concorso morale: ricorre quando un soggetto determina, rafforza o istiga l’altrui proposito criminoso, pur non intervenendo fisicamente nell’azione.
La Corte di Cassazione, in numerose pronunce (tra cui Cass. pen., Sez. I, n. 29884/2020), ha precisato che anche un incoraggiamento morale o una presenza rafforzativa della volontà dell’autore materiale può integrare concorso, se risulta consapevole e volontaria.
5. L’elemento soggettivo: il dolo di concorso
Il dolo richiesto è specifico di concorso: il soggetto deve prevedere e volere la morte della vittima come evento finale dell’azione collettiva, accettando il rischio derivante dalla propria condotta.
Non è necessario che ciascun concorrente compia materialmente l’atto letale: è sufficiente che condivida il programma criminoso e ne accetti l’esito mortale.
La Cassazione ha affermato che “risponde di concorso in omicidio anche chi, pur non avendo materialmente cagionato la morte, abbia aderito consapevolmente all’azione omicida e contribuito alla sua realizzazione” (Cass. pen., Sez. I, n. 32213/2018).
6. La distinzione tra concorso doloso e responsabilità colposa
Un aspetto delicato riguarda la distinzione tra concorso doloso e responsabilità colposa nell’altrui omicidio. Nel primo caso, la partecipazione è volontaria e consapevole; nel secondo, l’evento morte non è voluto, ma deriva da un eccesso o da un’imprudenza altrui non prevista.
L’indagine sull’elemento soggettivo è dunque centrale: se manca la volontà di concorrere, non può configurarsi concorso, ma eventualmente un reato autonomo o una responsabilità per cooperazione colposa (art. 113 c.p.).
7. La ripartizione delle responsabilità e la pena
In virtù del principio di parità sanzionatoria sancito dall’art. 110 c.p., ciascun concorrente risponde della stessa pena prevista per il reato, indipendentemente dal ruolo effettivo. Tuttavia, il giudice può tenere conto dell’intensità del dolo, dell’entità del contributo e delle circostanze personali ai fini della determinazione della pena ex art. 133 c.p.
È quindi possibile che, pur essendo tutti concorrenti nello stesso reato, la pena inflitta sia diversa in relazione al grado di partecipazione.
Il caso “Chiara Poggi” e le novità investigative su Andrea Sempio
a) Fatti storici
Chiara Poggi fu uccisa nella sua abitazione di Garlasco (PV) il 13 agosto 2007. Dopo un lungo percorso giudiziario, fu condannato in via definitiva (nel 2015) l’allora fidanzato Alberto Stasi, a 16 anni per omicidio volontario.
b) Nuove indagini nel 2025
- Indagine riaperta: la Procura di Pavia ha avviato nuovi accertamenti sulla scena del delitto, con l’ausilio di tecniche genetico-forensi aggiornate;
- Andrea Sempio: amico del fratello di Chiara Poggi, frequentava la casa della vittima all’epoca. Oggi 37enne, era già indagato nel 2016-2017 per il DNA ritrovato sotto le unghie della vittima, ma l’ipotesi fu archiviata;
- Nuovo avviso di garanzia: notificato nel marzo 2025, con l’accusa di omicidio in concorso con ignoti o con Alberto Stasi. L’accusa poggia su tracce di DNA maschile (non di Stasi) trovate sotto le unghie della vittima, confronti genetici coatti disposti dal Gip, e nuovi elementi indiziari come impronte, reperti, frequentazioni.
Altri elementi investigativi
- Impronte sulla scena del crimine, anche sul dispenser del sapone e altre superfici, confrontate con le calzature di Sempio;
- Nuove perizie genetiche basate su metodologie avanzate;
- Reperti rivalutati (tappetino, cucchiaio, ecc.) per l’identificazione di profili maschili “ignoti”;
- Difesa di Sempio: respinge l’ipotesi del concorso, sostenendo l’assenza di prove concrete e criticando le modalità di raccolta delle evidenze.

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