Quello che si sta ideando nei palazzi della politica e tra i vertici della magistratura è un vero e proprio “attacco” al processo penale per come lo conosciamo. Dopo l’entrata in vigore della riforma sulla prescrizione ideata dal Ministro Bonafede, si stanno aprendo nuovi fronti per la riforma della Giustizia.
Nei giorni scorsi si è espresso il presidente della II Sezione Penale della Corte Suprema di Cassazione Piercamillo Davigo, che ha rilasciato dichiarazioni “preoccupanti”, circa la svolta giustizialista che si lo stesso si augura per il nostro paese.
Davigo nel corso della sua intervista fa presente come negli Stati Uniti la prescrizione durante il processo non esita, dimenticandosi però di dire, che negli USA un processo di primo grado vede la sua fine al massimo, in poche settimane e che non esiste l’obbligatorietà dell’azione penale come in Italia.
Afferma lo stesso Davigo, come “molti fascicoli arrivano ai pm quando manca poco alla prescrizione, perché il reato si è scoperto anni dopo”, ebbene per risolvere questo problema bisognerebbe riformare il sistema penale, introducendo anche nel nostro paese la non-obbligatorietà dell’azione penale da parti del pm.
Ma la presa di posizione più inquietante del presidente Davigo è quella sulla della reformatio in peius in appello e l’introduzione di filtri per la proposizione di ricorsi.
Si vuole in questo modo impedire di fatto a chi è stato condannato in primo grado, la possibilità di far esprimere altri giudici sul proprio caso, ipotizzando addirittura il versamento di una caparra: siamo alla follia!
Si dà per scontato come i giudici (bontà loro) siano infallibili e non possano commettere errori, per cui è superfluo far esaminare il proprio caso da altri magistrati.
Si afferma che la proposizione di un ricorso serva solo per far dilatare i tempi del processo, per arrivare a scadenza termini, il tutto senza giustificare simili affermazioni, che sono anzi contraddette dai dati comunicati dal Ministero della Giustizia.
Se si procede su questi binari, si prevedono tempi bui per i cittadini italiani, che vedranno ulteriormente compressi i loro diritti fondamentali, con l’abolizione di fatto del principio costituzionale della presunzione d’innocenza.
Mala tempora currunt.