Il fallimento è uno strumento giuridico che viene speso interpretato in modo errato e negativo nel contesto sociale e coinvolge l'amministratore ed il reato di bancarotta.
Di converso il fallimento è uno strumento creato in difesa del fallito e non a suo discapito.
Purtroppo il più delle volte una pessima gestione in concreto diventa un elemento che depaupera il fallito, i creditori e, di fatto, l’asse fallimentare.
Il Tribunale allorquando una società diventa insolvente ne dichiara il fallimento con sentenza. A quel punto il curatore fallimentare acquisisce l’intera documentazione della società nonché i suoi cespiti.
L’intento della procedura è quello di bloccare le azioni giudiziarie per riscuotere crediti con il congelamento degli interessi e realizzare con tutti i cespiti liquidità.
Ciò che residua fa restituito al fallito, il quale a volte, se la sua è ua difficoltà transitoria, po’ recuperare l’azienda o parte di essa.
Questo nella teoria.
Nella pratica, purtroppo, il fallimento comporta spesso il depauperamento della società, provocando poi il processo penale a carico degli amministratori della stessa.
Il Tribunale una volta iniziata l’azione penale contro gli amministratori della società, ordina una perizia tecnico-contabile da cui far emergere gli elementi positivi o negativi a carico degli stessi amministratori.
Le conseguenze penali nel caso di riscontri probatori contro gli eventuali imputati, differiranno nel caso si riscontri: bancarotta fraudolenta, preferenziale, documentale o semplice.
Si pensi tutte quelle volte in cui il compendio fallimentare si confonda con una ricettazione fallimentare e quindi l’attribuzione delle responsabilità tra i vari partecipi alla società diventa estremamente complessa e difficile da dipanare.
Sicuramente, nel momento in cui viene dichiarato il fallimento, si rende necessaria una consultazione approfondita con esperti versatili nella materia.